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Tre anni fa, le ricerche archeologiche nel sottosuolo porticese hanno ricevuto nuovo impulso dalla riscoperta dei diari di scavo borbonici, pubblicati nel volume "Portici archeologica" curato dall'archeologo Mario Pagano, direttore degli Scavi di Ercolano.
È l'inizio di una grande avventura, culminata, poi, nella scoperta a Portici della "Villa e Terme dell'Epitaffio". Questo anche se in un primo momento, le ricerche erano concentrate soprattutto sulla "Villa del Convento", la cui ubicazione sembrava essere indicata con sufficiente precisione dai diari di scavo redatti dall'architetto F. La Vega. A questo scopo, furono effettuati una serie di saggi elettromagnetici, nel piazzale antistante la Scuola Media Statale "Macedonio Melloni, dove una volta c'era il convento dei Gesuiti, e nei cantinati dell'edificio stesso. L'esito di queste ricerche è stato, purtroppo, negativo. Le profonde trasformazioni strutturali, per lo più dovute alle diverse destinazioni d'uso dell'edificio, hanno reso molto difficile, se non impossibile, riuscire ad individuare l'ubicazione dell'antica portineria del convento, dove c'era il pozzo da cui si accedeva ai cunicoli sotterranei.

Senza informazioni e senza più precisi riferimenti cartografici dell'epoca, la ricerca era precipitata in una fase di stallo. Non c'era la possibilità di individuare nuovi punti dove indirizzare le ricerche, ma, soprattutto, l'insufficienza dei fondi rendeva quanto mai appropriato effettuare nuovi tentativi alla cieca. Sembrava, così, definitivamente calato il sipario sulla speranza di restituire al presente di questa città parte della sua antica memoria.

Quando, a Gennaio, ho iniziato la mia collaborazione con il quotidiano "Il Mattino", ho, più volte, incontrato il dott. Mario Pagano ed una sua stretta collaboratrice la signora Anna Cozzolino, per una serie di articoli sugli Scavi di Ercolano. Da questi incontri è nata l'idea di raccogliere informazioni sulla presenza e l'ubicazione di cunicoli sotterranei nel sottosuolo. C'era, infatti, la possibilità che qualche anziano cittadino porticese potesse aver perlustrato qualcuno di questi cunicoli e ne conservasse il ricordo. Decidemmo così di effettuare delle ricerche informative, per poi effettuare dei sopralluoghi, ove mai si fosse riusciti ad individuare qualche cunicolo in prossimità dei ritrovamenti descritti nei diari di scavo borbonici.

Si è arrivati, così, alla scoperta di un primo cunicolo sul Corso Garibaldi, nella zona dell'Epitaffio. Il 9 Maggio 1999, col dottor Pagano, la signora Cozzolino e l'assistente Ajello, abbiamo effettuato un primo sopralluogo del cunicolo. Non abbiamo trovato resti antichi, ma si trattava quasi sicuramente di una galleria scavata in epoca borbonica. Purtroppo non abbiamo potuto spingerci molto in profondità, in quanto, dopo una discesa di quasi venti metri, il cunicolo era crollato ed ostruito dal materiale franato. Questo primo ritrovamento, anche se non aveva portato alla scoperta delle terme dell'Epitaffio, aveva comunque dimostrato che eravamo sulla strada giusta e che, alla fine, saremo riusciti a trovare il cunicolo che ci avrebbe restituito l'antica villa romana, da cui erano stati prelevati gli stucchi, ora conservati al museo archeologico di Napoli.

In un tombino abbiamo trovato le Terme

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Poco tempo dopo la scoperta del primo cunicolo, un amico mi ha raccontato un episodio avvenuto durante la seconda Guerra mondiale. Sembra che, dopo la guerra, il pavimento dell'androne di uno dei palazzi sul Corso Garibaldi fosse crollato, rivelando un ambiente sepolto, forse di origine romana. In seguito, il pavimento era stato ricostruito, ma sembra che il vecchio proprietario dell'edificio avesse lasciato un varco per accedere alla stanza sotterranea, richiudendolo poi con un tombino.

Era la notizia che aspettavamo da tempo. Verificata l'attendibilità della notizia, non restava altro che organizzare un'altra spedizione, questa volta con l'ausilio di uno speleologo. In un clima di grande attesa si arriva così al grande giorno. Il 15 Aprile 1999, appuntamento agli Scavi di Ercolano, si forma la carovana e comincia la sua marcia verso il traguardo di una grande impresa. Questa volta la spedizione è più numerosa. Ci sono: il dott. Mario Pagano, l'impareggiabile signora Anna Cozzolino, l'assistente Ajello e due operai per la Sovrintendenza Archeologica di Pompei; lo speleologo Enzo Albertini ed un suo collaboratore per l'Associazione Napoli Sotterranea; Carlo Borriello per il Comune di Portici; infine, il sottoscritto e Antonio Di Laurenzi per il Mattino.

Il grande momento sembra essere nell'aria. Individuato il tombino, Enzo Albertini comincia a prepararsi per la sua discesa. Si allaccia l'imbracatura, indossa l'elmetto ed inforca la lampada. Nel frattempo, gli operai armeggiano col tombino per riuscire ad aprirlo. Seguiamo le varie fasi dell'operazione con attenzione ed apprensione. Finalmente, il tombino si apre e rivela il suo segreto: uno stretto budello che si spinge in profondità. Ci sono delle siringhe usate, l'ultima bestemmia urlata, consumata dal presente verso le sue radici.

Enzo Albertini comincia a calarsi dal tombino, tocca terra ed inizia ad incamminarsi lungo la galleria. In superficie regna il silenzio. Tratteniamo il fiato ed aspettiamo il ritorno dello speleologo. Seguiamo con lo sguardo la luce della sua lampada e la vediamo sparire all'improvviso, inghiottita dall'oscurità del cunicolo, mentre la tensione dell'attesa raggiunge l'apice. Trascorrono pochi istanti, tanto lunghi quanto secoli, quando torna fievole la luce. Lo speleologo gesticola in modo convulso. Poi, finalmente, "c'è una stanza - urla dallo stretto budello in cui si è calato - ha le pareti in opus reticolatum... È sicuramente di epoca romana!"

In superficie, la tensione accumulata esplode nell'emozione e nella gioia collettiva. Troviamo una scala ed anche il resto della spedizione può raggiungere Albertini nella galleria. Ciò che ci aspetta è affascinante. Alla fine della ripida discesa si intravede una parete in reticolato romano ed un timpano triangolare. Da qui si accede in una grande stanza rettangolare con soffitto a volta romana. L'emozione è immensa, toglie il fiato, mentre ci accompagna in mille fremiti e palpiti di adrenalina nell'emozionante esplorazione della nostra scoperta. Nessuno riesce ancora a parlare, poi tutto ad un tratto, qualcuno in un filo di voce sussurra: "Questa volta abbiamo trovato le Terme dell'Epitaffio...". È l'istante in cui tutta la stanza sembra ritrovare il respiro ed esorcizzare la paura. Si torna a parlare ed inizia il lavoro, ora bisogna pensare al domani...